Compagnia

[com-pa-gnì-a]

Lo stare insieme in un clima di condivisione; gruppo, reparto, società, confraternita.

Da [compagno], che è dal latino tardo [companio] propriamente “che mangia il pane insieme”, derivato di [panis] “pane”, con prefisso [con-] “insieme”. Ricalca un termine germanico.

Redazione CdC
2 maggio 2024

Es. «È davvero una piacevole compagnia.»

È una parola cardinale, di quelle così centrali e semplici che spiegarla nel suo significato appare innaturale e inevitabilmente goffo.
La compagnia, nel suo senso più generale e astratto, è lo stare con le altre persone — ma sappiamo che è uno stare particolare, non è solo una questione di mera prossimità. Lo sappiamo, posso essere solo anche in mezzo alla gente. Perché sia “compagnia” ci deve essere una misura di condivisione, che l’etimo del termine ci rappresenta nella maniera più primitiva e schietta: il latino tardo companio è letteralmente “chi mangia il pane insieme”. “Latino tardo” significa che non è il latino classico, del primo Impero, ma è un termine che abbiamo la fortuna di trovare attestato in un documento comunque antico, di cui abbiamo avuto modo di parlare — la Lex Salica.
In effetti companio è un termine di matrice barbarica, introdotto dai soldati del basso Impero come calco di un termine germanico analogo — che possiamo avvicinare al gotico gahlaiba, che indica il commensale; ma hlaib è giusto il filone di pane. La compagnia è nella sua figura originaria la dinamica della condivisione del cibo in un gruppo di persone — da cui il nostro stare in compagnia, cercare compagnia, con tutte le declinazioni di condivisione che conosciamo e viviamo, a partire dal divertimento.
Ma da dinamica la compagnia si fa anche direttamente gruppo — gruppo in vari modi affiatato. La compagnia teatrale, la compagnia di amici, la compagnia di ventura, la Compagnia di Gesù, la compagnia di assicurazione e di bandiera, e compagnia cantando.

«Compagnia fu anche la prima nuova parola che Infante imparò da me. Egli sapeva già dire pane, che pronunciava paan; e io gli spiegai coi gesti che due persone le quali mangiano lo stesso pane, diventano cum-pane, compagni; e da cum-pane viene cum-pania, compagnia. Il giorno dopo Infante mi diede una prova della sua intelligenza e del suo pieno accordo col mio modo di sentire, indicandomi alcuni sorci che zampettavano tra la paglia alla ricerca di molliche di pane e mormorandomi all’orecchio: Cumpaani.»
Il seme sotto la neve

Per Silone l’amicizia è un bene irrinunciabile, alla pari del pane: ne dipende il compito stesso della vita, dunque il suo senso e valore.
Da un lato, infatti, ciascuno può conoscere e realizzare se stesso solo attraverso le relazioni. Dall’altro avere consapevolezza di sé porta a vedere gli altri come individui a loro volta in cammino verso il proprio destino, e quindi a favorire tale processo (come Pietro con Bianchina in Vino e pane). Per Silone siamo tutti corresponsabili della realizzazione dei nostri destini.
Più in profondità, il destino non passa semplicemente attraverso il rapporto con l’altro. Il destino è l’altro. In questo senso il destino è lo stesso per tutti: amare, trascendere noi stessi per donarci a qualcun altro. È la declinazione specifica di questo compito che ci differenzia.
Non stupisce quindi che la crescita dei personaggi di Silone implichi sempre la ricerca di legami di qualità, ossia di una compagnia, nome che ha una forza paragonabile alla “compagnia dell’anello” di Tolkien…

(da: Una parola al giorno)